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<title>Il principe Alberto</title>
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<h3>Il principe Alberto</h3>
<h4>È l'unico erede trevigiano doc nel regno della Sisley. sogna un altro scudetto e il Mondiale in azzurro il nostro Cisolla, idolo delle nostre giovani lettrici: «come una Cipolla tante bambine ha fatto lacrimar...»</h4>
Certo di far cosa gradita alla moltitudine di minorenni appassionate di pallavolo, inizierò il dettagliato resoconto di una fondamentale conversazione con il leggendario Cisolla con un numero: 3.<br>
Dunque, non pensate alla follia dell'autore di queste righe: semplicemente, quasi facendo finta di niente, disseminerò qua e là i numeri di cellulare di Cisolla detto anche Cipolla, perché mi risulta che fa piangere d'amore un sacco di ragazzine. Almeno che risponda al cellulare ai cuori infranti, perbacco. Per cui, ricordate: la prima realtà da digitare, per contattarlo, è il numero 3. Seguito da un altro 3, si capisce. Dopo di che, non essendo questa ancora una rivista per solitari in cerca di compagnia (sebbene il direttore Rossini ne abbia molto accentuato il carattere semipornografico), passiamo ai pensieri e alle parole di Cisolla, che come una Cipolla tante bambine ha fatto lacrimar...<br>
<i>«Uh, come esageri! Ti assicuro che io non sono uno sterminatore di cuori, in fondo ho una vita assolutamente normale, paragonabile a quella di tanti miei coetanei. Se poi mi considerano bello, che ci posso fare? Ma ti assicuro che quando entro in una discoteca non mi fila nessuno, dico sul serio, forse perché non sono un portento a ballare, eh. Comunque, visto che l'argomento ti interessa, ebbene, sì, sono single, sono libero come l'aria. Ho avuto una storia con la Piccinini, sì, è vero, ne hanno parlato anche i giornali, ma è durata quattro mesi, dopo di che di comune accordo abbiamo deciso di troncare. Come dici? Che quando stavo con la Picci migliaia di minorenni minacciavano il suicidio per disperazione? Ma dai, è una frottola, al massimo avranno fatto qualche battutina, per la verità le battutine le ho sentite anch'io, ma poi stop, io non faccio il playboy di professione, faccio il pallavolista...».</i><br>
Oh, meno male: risolto il problema in chiave Novella Duemila, beccatevi il terzo numero di telefonino da digitare per parlare con Cisolla, che come una Cipolla tanti cuori ha fatto lacrimare: 4. Dopo di che, se permettete, parliamo del campione con il campione.<br>
<i>«Io un campione, dici? Eh, andiamoci piano. Sto andando avanti, sono contento perché da un paio di stagioni in qua le cose si sono messe a girare bene e ho dimostrato di poter fare il titolare anche nella mia amata Sisley, ma campione, un attimo, eh, darmi del campione forse è eccessivo...».<br>
«Io ho cominciato il volley per colpa di mio fratello Andrea. Lui ha cinque anni più di me e notò una promozione della Sisley, c'era un corso per imparare a giocare a pallavolo. Eravamo sul finire degli anni Ottanta, io avevo sì e no undici anni e mi dedicavo al pallone. Sì, facevo il calciatore con alterna fortuna, ero il libero della mia squadretta, libero alla Baresi, mica alla Corsano. E facevo il tifo per l'Inter, che continuo a sostenere tuttora...».<br>
«Vabbè, dicevo che mio fratello si iscrisse al corso Sisley, noi come famiglia siamo di Treviso e dunque tutto veniva semplice. L'allenatore era Michele Zanin, un personaggio che ha avuto un ruolo fondamentale nella mia carriera, potrei dire persino nella mia vita, visto quel che il volley rappresenta per me...».<br>
«Io al pomeriggio andavo a seguire gli allenamenti di Andrea in palestra, finché un giorno Zanin non disse a mio fratello: beh, fai provare anche lui. Così mi sono iscritto a mia volta al corso della Sisley e ho capito che la pallavolo mi piaceva. C'era soltanto un problema: ero troppo piccolo...».<br>
«No, non sto scherzano, adesso sono centonovantanove centimetri, ma fino ai quindici anni ero un tappo. Poi cominciai a beccarmi due influenze all'anno e ogni volta che mi alzavo da letto ero più alto. Così ho risolto il problema fisico in maniera naturale, ma soltanto quando sono stato inserito nella Under 16 della Sisley ho intuito che forse sarei riuscito a trasformare la passione del bambino in qualcosa di duraturo...».<br>
«C'era sempre Zanin ad allenarmi e nel frattempo la Sisley era diventata la grande società che è. Per un trevigiano giocare nella squadra della propria città è il massimo, in termini di orgoglio. Se poi pensi che sono l'unico di Treviso in prima squadra, capisci che l'orgoglio si moltiplica. Aggiungi una cosa: qui sono passati campioni straordinari, in pratica li ho visti tutti da vicino e insomma a ognuno di loro ho tentato di rubare qualcosa, per crescere come atleta, per migliorarmi come giocatore...».<br>
«Il mio idolo, vuoi sapere chi era il mio idolo quando ero un ragazzino? Ah, lui, il mio compagno di camera nelle trasferte: Lorenzo Bernardi. Puoi immaginare come mi sono sentito quando Kim Ho Chul, allora allenatore della Sisley, mi inserì nella rosa della prima squadra e mi mise appunto in camera con Lollo! Beh, adesso sono passati cinque anni e non lo vedo più come un mito, ma come un amico che è anche un modello...».<br>
«Cosa penso della sua esclusione dalla Nazionale? Bella domanda, grazie. Non tocca però a me rispondere, perché le scelte le fanno altri. Sicuramente Lorenzo ci è rimasto male, anzi, malissimo. Credo che non gli sia piaciuto il modo, in fondo era stato Anastasi a chiedere la sua disponibilità per un ritorno in azzurro. Per Bernardi questa decisione del Nano è un motivo di sofferenza, sì...».<br>
«Nel mio piccolo ho provato qualcosa del genere anche io. É successo l'estate passata, alla vigilia dell'Europeo. Ero stato convocato, ero molto contento, avevo lavorato duro con i compagni per tutta l'estate e francamente pensavo di aver giocato anche discretamente. Poi passano quarantotto ore e il ct mi chiama per dirmi che ha cambiato idea e che debbo restare a casa...».<br>
«Il ripensamento è stato motivato da Anastasi con ragioni tecniche. E non ho elementi per dubitare della spiegazione. Mi ricordo che la mia reazione immediata fu questa: ma se è una scelta tecnica, cosa può essere accaduto n quarantotto ore per modificare una decisione che era già presa? L'ho detto al Nano, lui mi ha spiegato che era comunque perplesso anche prima della prima comunicazione, insomma io non sono stato contento, ci tenevo agli Europei, ma rispetto sempre il diritto e il dovere di un allenatore di assumersi le responsabilità che gli spettano. Anastasi se le è assunte, non c'è stato alcun litigio tra noi, non sono stato escluso dagli Europei per ragioni disciplinari, non ci sono misteri o segreti. Tutto sommato, nel 2001 la mia esperienza azzurra è stata positiva. A parte il finale...».</i><br>
Solo un rapidissimo time out, solo per dire che poi dovete digitare, per chiamare Cisolla che vi fa lacrimare come una Cipolla, i numeri 6,8,8. Ma andiamo avanti.<br>
<i>«Ma il passato è passato. Piuttosto spero di essere portato al mondiale, perché ci tengo e come me ci tiene tutta la nuova generazione degli azzurri. E qui intendiamoci bene, perché è giusto che la gente, la nostra gente, sia consapevole della situazione. La situazione storica, intendo. A mio parere, quanto hanno fatto i nostri predecessori per oltre dieci anni, beh, rischia di essere francamente irripetibile. A parte l'Olimpiade, hanno vinto tanto, hanno vinto quasi tutto e sempre...».<br>
«Noi, noi della nuova generazione, non siamo rassegnati, non ci consideriamo predestinati a chiudere in negativo un ciclo straordinario, questo no. Ma occorre essere realisti: il livello della concorrenza è cresciuto, per anni nel mondo c'è stato un dualismo tra Italia e Olanda, gli altri erano lontani. Oggi non è più così. Dunque la cosa fondamentale, per una nazionale, è restare competitiva, rimanere al vertice. Essere al vertice significa, per capirci, giocare le finali, come all'ultimo Europeo. Poi abbiamo perso, va bene, anzi, va male, perché la Jugoslavia ci ha rullato di brutto, ma eravamo ancora lì, in finale...».<br>
«Secondo me tecnicamente abbiamo un buon gruppo. Ce la possiamo giocare con tutti e chiunque Anastasi deciderà di portare al Mondiale andrà là con la speranza della vittoria nel cuore. Certo, so bene che nessun Paese ha conquistato tre titoli iridati consecutivi, ma c'è sempre una prima volta. Non sono pessimista e non credo che il giocattolo sia rotto. Semplicemente sono passate le generazioni, è passato il tempo ma l'Italia del volley vuole essere ancora lì...».<br>
«Che cosa penso di poter dare io, alla causa azzurra? Altra bella domanda, grazie. Vuoi sapere se mi sento il nuovo Zorzi, l'opposto spacca-teraflex che l'Italia aspetta da tanto tempo? Altra bellissima domanda, grazie. Comunque, rispondo così: sì, io sono un opposto. Posso essere utilizzato anche in modo diverso, talvolta ho fatto anche il ricevitore schiacciatore, ma io sono un opposto. É il ruolo nel quale mi riconosco. E per quanto riguarda Zorro, eh, qui a Treviso l'ho visto all'opera, l'ho ammirato tantissimo, così come ammiro il Giangio. Cercare di essere come loro è uno stimolo, è se vuoi un piccolo grande sogno...».<br>
«A proposito di sogni: in passato, quando giocavo poco, mi sono chiesto se non fosse il caso di interromperne uno, di sogni. Cioè se non fosse il caso di fare la valigia e andare altrove, lontano da Treviso. Ma adesso sono soddisfatto, restando ho fatto la scelta giusta, alla fine lo spazio si è aperto, l'ho trovato. Come mi sento quando io faccio il titolare e Fomin sta in panchina? Mah, cerco di non pensarci, perché lui è un campione sensazionale e io ancora devo dimostrare tutto...».<br>
«Questa stagione, qui a Treviso, è stata incasinatissima. Le Coppe sono andate male e durante l'inverno si era creato un clima molto pesante, avrai letto i giornali, eh. D'altronde, cosa vuoi, la Sisley è condannata a vincere sempre e se non ci riesce scoppiano le polemiche, le discussioni. Così c'erano motivi di disagio tra i giocatori, tra la squadra e Bagnoli, ma nulla di rovinoso, tutto dipendeva dal fatto che non sapevamo vincere le partite e dunque non venivamo fuori. Da fine gennaio però l'atmosfera è cambiata, abbiamo cominciato a lavorare meglio in palestra e in campionato, unico obiettivo rimasto, abbiamo collezionato vittorie significative, abbiamo battuto Modena, Macerata, Milano. Io credo che lo scudetto sia alla nostra portata, non dico che siamo di nuovo favoriti, ma insomma, se facciamo quanto sappiamo fare...»<br>
«Beh, poi nel bilancio di un inverno pesantissimo mettici il dramma di Van de Goor. Siamo lì che facciamo allenamento e lui fa: fermatevi, vado a soffiarmi il naso. Va a soffiarsi il naso e all'improvviso lo vediamo che barcolla, ondeggia, poi casca a terra. Subito pensiamo ad un calo di zuccheri, ma Bas è steso a terra e non si riprende, anzi passano i minuti e comincia a perdere sensibilità in una parte del corpo! Dio, sono stati momenti terribili, per fortuna lui ora sta bene e mi auguro possa tornare a giocare, perché alla pallavolo mancano la sua classe e la sua allegria...».<br>
«L'allegria, io credo di averla nella vita di ogni giorno. Non sono uno che legge libri, ammetto la mia lacuna, d'altronde a scuola ho tentato vanamente di arrivare al diploma a geometra, ma sono stato bocciato. Troppi allenamenti per il volley, troppe trasferte. Ma forse un giorno rimpiangerò di non aver studiato, non so...».<br>
«Da single, esco spesso con Papi e con Sintini, abbiamo più o meno gli stessi interessi. Mi piace il basket, ma quello Nba, quello americano: Kobe Bryant, Shaquille, quella gente lì. Ascolto musica a trecentosessanta gradi ma ammetto di avere un debole per Laura Pausini, quando ha tenuto un concerto al Palaverde sono andato a vederla, mi è piaciuta, forse solletica il mio animo romantico, perché io sono abbastanza romantico, eh, sebbene non mi piacciano le esagerazioni sdolcinate...».<br>
«I dolci invece li adoro. Oh, sì, c'è anche la storia di mia nonna Giovanna, che quando può viene alla partita con il nonno Leonida. La nonna divora caramelle e spesso si intrattiene con le giovani tifose che vogliono informazioni sul mio conto, eh. Una volta mi portò i confetti e siccome la Sisley quella partita l'aveva vinta diventò una scaramanzia, se non c'erano i confetti della nonna la squadra minacciava di non scendere in campo...».<br>
«La mamma Nilde è anche lei una mia tifosa. Invece mio padre, che si chiama Renato, mi segue persino negli allenamenti. Mi ha detto: senti figliolo, io sono andato in pensione, trascorrere il mio tempo al bar a giocare a carte non mi piace, disturbo se vengo in palestra a vedervi lavorare? Non disturba, dunque viene e sa tutto, perché conosce le strategie di lavoro e gli schemi preparati in palestra, poi li confronta con quanto mettiamo in pratica sul campo, in campionato...».<br>
«Dici che papà potrebbe candidarsi alla panchina della Sisley? Uh, meglio di no, sai come siamo fatti qui a Treviso, l'allenatore che vince il campionato lo mandiamo via...».</i><br>
Simpatico, il Cisolla, che come una Cipolla ha fatto lacrimar tanti cuor. Allora: 1, 2 e poi c'è stato un intervento a muro gigante del garante della privacy, mannaggia e maledizione, maledizione e mannaggia...
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Aprile 2002 -- Leo Turrini <a href="http://www.supervolley.it/" target="_blank">Supervolley</a>
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